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Il merito creditizio

Come si attribuisce secondo EBA

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Le linee guida EBA continuano a contrassegnare e disegnare un drastico cambio nei principi di valutazione dell’andamento aziendale, spostando l’attenzione dalle valutazioni quantitative – riferite al passato dell’azienda – a quelle di tipo qualitativo, che traggono ispirazione dalle crisi economiche aziendali del recente passato e operano una vera e propria rivoluzione culturale.

E proprio a causa di questo cambiamento, gli Enti creditizi, nel valutare l’affidabilità creditizia dell’imprenditore, devono porre l’accento sulla sua capacità di produrre reddito futuro in misura realistica e sostenibile e sul flusso di cassa che genererà in futuro, non sulle garanzie concedibili. Gli Enti creditizi devono quindi poter essere in possesso di informazioni relative a:

  1. scopo del prestito, se pertinente al tipo di prodotto;
  2. reddito e flusso di cassa;
  3. posizione finanziaria e impegni, comprese le attività date in pegno e potenziali passività;
  4. modello di business e struttura aziendale;
  5. piani aziendali con proiezioni finanziarie;
  6. garanzie reali e eventuali controgaranzie;
  7. documentazione legale specifica del tipo di prodotto (ad es. permessi, contratti).

Serve comprendere uno schema logico che racchiuda le relazioni di causa-effetto fra le scelte strategiche operate e le azioni necessarie a tradurre la strategia in operatività, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati dal piano aziendale, che risulterà quindi realistico non un mero preventivo. La predisposizione dell’analisi di scenario e della mappa strategica diventa un’attività imprescindibile per dare certezza, precisione e fondatezza all’attività di attribuzione del merito creditizio.

L’azienda operando all’interno di un sistema di ambienti esterni, Socio Politico, Mercato, Concorrenza e Tecnologia, che per loro natura cambiano in continuazione, ha la necessità, al fine di garantire un efficace sistema di prevenzione delle crisi e mantenere la continuità aziendale, di operare continui aggiustamenti evolutivi nei propri modelli di Business, al fine di essere coerente con i mutamenti degli ambienti esterni.

Questa attività implica l’impiego di risorse, il sostenimento di costi ed il conseguimento di ricavi che non hanno alcun legame con il passato ed il più delle volte sono completamente diversi.

La storia recente dei nostri Tribunali ci dice che La percentuale di turnaround positivi dei piani concordatari è decisamente minoritaria rispetto a quella relativa agli insuccessi e ai fallimenti aziendali. I piani presentati alle banche nel 2007 dalle aziende operanti nel settore edile, nel pieno del boom edilizio, prevedevano per gli anni a seguire fiumi di redditi e di cash flow prodotti dalle imprese, ma la realtà fù che fra il 2011 e il 2014 gran parte di quelle aziende si trovarono in stato di decozione, non più capaci di rimborsare i debiti contratti, creando un livello di incagli che ha portato alcune Istituzioni finanziarie sull’orlo del fallimento, se non addirittura al fallimento.

La ragione di ciò è da ricercarsi nel fatto che i bilanci preventivi e i piani economico-finanziari prevedevano, pedissequamente, la continuazione dell’attività pregressa in condizioni di stabilità degli ambienti esterni, incapaci di intercettare e prevedere l’evoluzione di tale business, ormai non più sostenibile. Tra le cause, ricompaiono:

  • eccesso di offerta di fabbricati sul mercato
  • andamento dell’economia reale, caratterizzato da bolle speculative e prezzi gonfiati dovuti, tra gli altri motivi, al passaggio all’euro e all’economia sommersa
  • diminuzione dei rendimenti immobiliari e,
  • ultimo ma non per importanza, insufficienza di spazi territoriali edificabili.

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