ESG: LE 2 CHIAVI DEL SUCCESSO
Il destino a lungo termine del mondo dipende in parte dalle scelte che facciamo nella nostra vita. Così scrive il filosofo scozzese William MacAskill, a capo di un movimento al centro dell’attenzione dei media di tutto il pianeta.
Anche il successo imprenditoriale passa dalle nostre scelte e, oggi più che mai, dal valore della sostenibilità.
In tale ambito, il primo fattore di successo è quello che un gruppo di top manager di grandi aziende internazionali, tra cui Philips, Danone, L’Oréal e MasterCard hanno definito come la “purpose first economy”, ossia un’economia che metta lo scopo dell’impresa al primo posto. I Ceo intervistati ritengono essenziale allineare strategie e pratiche aziendali con gli interessi degli stakeholder per creare valore sostenibile a lungo termine. Il purpose, in pratica, si deve integrare nella business strategy, con metriche e governance certificate. E il purpose, ossia lo scopo profondo della ragion d’essere di un’impresa, deve operare in senso trasformativo, scommettendo su un ripensamento radicale della propria natura e identità di agente economico e non fermarsi, semplicemente, al fare cose apparentemente nuove con modelli vecchi.
Il secondo fattore di successo consiste nello sforzo di dar vita a una comunicazione commerciale veritiera, accurata, coerente e trasparente, che permetta al consumatore di compiere scelte di acquisto più consapevoli, premiando le realtà imprenditoriali effettivamente più virtuose. Ma prima di raccontare serve, prima di tutto, di mettere in pratica i concetti ESG, con lo sviluppo di idee e piani che coinvolgano tutti gli stakeholder, dico tutti nessuno escluso, per poi comunicare e raccontare l’esperienza vissuta.
Proviamo a declinare questi 2 fattori di successo attraverso 2 casi, uno aziendale e l’altro di settore.
Euroitalia, ad esempio, ha chiara la propria missione, ossia tener viva l’arte del profumo italiano e portarlo nel mondo. Perché il profumo è emozione, ha bisogno di passione e creatività. Il fondatore aveva capito in anticipo la forza delle sinergie tra moda e beauty, con ciò cavalcando la via del profumo fashion. L’azienda, che ha fatturato 539 milioni nel 2021 ed è presente in 140 paesi, punta, oltre che su qualità, cura del dettaglio e sviluppo di profumi timeless, adatti a ogni occasione, anche su un altro aspetto fondamentale: “sosteniamo il territorio, la nostra è una filiera Made in Italy che ci permette di arrivare all’eccellenza, produciamo in Italia, nella Cosmetic Valley, quel triangolo pieno di saperi tra Bergamo, Milano e Crema.” Eccolo il primo volto della sostenibilità, rappresentato dalla solidità della filiera quale parte integrande della strategia aziendale. Ma l’azienda applica la sostenibilità puntando, nel proprio bilancio green, anche sull’indipendenza energetica e sulla realizzazione di prodotti con materiali riciclati e riciclabili; ne è esempio la realizzazione, prevista nel 2022, del tappo monomateriale. Con l’obiettivo di ottenere una fragranza biodegradabile all’86%, da realizzare in collaborazione con le università per formule totalmente green. Ma tendendo al 100% di biodegradabilità.
Anche la GDO ha ben capito che sostenibilità ambientale, economica e sociale sono diventati valori sempre più importanti per i consumatori, talmente importanti da condizionare la loro fedeltà al brand. Secondo gli analisti quasi 8 consumatori su 10 sono fedeli ai marchi delle aziende che promuovono pratiche ambientali sostenibili e più di 7 su 10 apprezzano la capacità di un brand di coinvolgere la comunità sugli obiettivi di sostenibilità. Il fenomeno è trasversale e tocca tutte le generazioni di consumatori. Ne deriva che anche per le aziende della GDO l’obiettivo strategico della brand loyalty o fidelizzazione del cliente passa dalla sostenibilità, che diventa uno strumento distintivo e competitivo per un’insegna, perché gli italiani sembrano non essere disposti a scendere a compromessi nelle loro scelte alimentari e nei prossimi mesi prevedono di diminuire la quantità ma non la qualità del loro cibo. Inoltre, lo scoppio della pandemia ha posto lo sguardo dei consumatori sulle insegne sotto una nuova luce, in base all’impatto che le loro politiche hanno su società e ambiente. Sempre maggiore attenzione viene posta sulla pubblicazione di report sociali, assunzioni al femminile, quote di donne manager e percentuale di rifiuti differenziati. Ecco che le insegne della GDO e quelle di largo consumo scelgono di comunicare sempre più spesso l’impegno nella sostenibilità attraverso quel touchpoint che è la confezione dei prodotti. Così l’Osservatorio Immagino di Gsi Italy nel suo monitoraggio semestrale indica che più di 1 prodotto su 4, venduto sugli scaffali dei supermercati e ipermercati italiani, oggi parla di sostenibilità sull’etichetta. Tra i raggruppamenti o cluster maggiormente utilizzati vi è l’area delle risorse in cui le etichette riportano le parole “riciclabile”, “meno plastica”, “certificazione Ecolabel”. Oppure nel cluster degli animali, le parole più spesso utilizzate sono “benessere animale”, “no cruelty” o “certificazione Friend of the sea”. Nel cluster agricoltura e allevamento le parole più utilizzate sono “senza antibiotici” o “filiera”.
La ricerca della sostenibilità è divenuta, perciò, imprescindibile per poter essere resilienti in un mondo che cambia alla velocità della luce. E ciò è possibile pienamente solo se si usano strumenti della gestione strategica per la gestione del rischio, abbandonando la vecchia logica meramente difensiva.
Potremmo, allora, ridefinire questi 2 fattori di successo per le nostre aziende così: la gestione strategica è divenuta cruciale e va oltre la pubblicazione del bilancio sociale, per spingersi fino alla ricerca della LICENZA SOCIALE, ossia la capacità di far percepire agli stakeholder che l’azienda agisce in modo equo, giusto e meritevole di fiducia. E la performance diventa sostenibile e, aggiungiamo, di successo, quando questa ricerca diviene parte integrante della visione di business e motore di crescita, senza esaurirsi nella mera risposta alle richieste di regolatori e investitori.